"Per ora sto lavorando ad un progetto antico, questo di fare televisione per lasciare un documento del mio lavoro teatrale. Può essere utile, non so, come studio per il futuro (.) devo farlo perché è mio dovere lasciare questo antico documento". (Eduardo De Filippo in un'intervista del 1977: aveva 77 anni..)
Lo stomaco partenopeo oggi è in fermento. Un risveglio collettivo che sta trafiggendo, oltrepassando la cortina uniformante di un'Italia apparentemente unita, per porre alla ribalta lo spirito di una Terra unica.Una Terra ricca di tradizione e arte e lettaratura e musica, che rischiava di rimanere soffocata, in disparte,oggi mi sta raccontando ciò che vive e ciò che vede, attraverso mille personali sguardi di autori come Paolo Sorrentino, Roberto Saviano, Angelo Petrella, gli 'A67, Enrico Caria e molti altri. Cio' che vede e vive non soltanto dentro il confine geografico "Sud" ma all'interno dello spazio terrestre, nella circonferenza abbracciata dall'Uomo, in un unico coinvolgimento dove autore e spettatore sono verità su cui riflettere.
Mi domando, ripercorrendo nella mia memoria il lungo elenco di autori napoletani, se ci sia un refrein, una costante formula chimica nell'arte napoletana, che si ripete dal tempo dei tempi e nella contemporaneità, in forma nuova.
E lo trovo.
Mi va di cominciare proprio da un' importante stazione, una "fermata d'obbligo" fra le espressioni artistiche più fortemente napoletane: il TEATRO.
E in questo, mi farò aiutare da Domenico Randolo, regista della Compagnia di Teatro Classico Napoletano "'A Fenesta", portatore in particolare delle commedie di Eduardo De Filippo, al quale ho fatto qualche domanda.
"Esiste uno spazio in cui tutto è possibile. Una specie di cerchio stargate, una sottile pellicola temporale deflorata, ed eccoci, noi spettatori, a vivere in un'altra realtà. Questo spazio è il teatro, e lo spegnersi delle luci è il momento di "passaggio". Anche secondo te è così?"
D.R. senza dubbio. E' proprio questa secondo me la peculiarità del teatro. Ogni rappresentazione è INTERAZIONE con lo spettatore. Non è solo coinvolgere lo spettatore, ma impastarsi assieme, attori e pubblico, all'interno di una storia vissuta ogni volta con sfumature differenti Portando in scena un'opera, non ci limitiamo a calarci nella piéce e nei personaggi, ma diveniamo "medium" per così dire, percependo lo spirito del pubblico.
Anche per questo ho scelto il teatro di Eduardo: lo trovo straordinario perché i protagonisti e le storie sono di una semplicità incredibile, lo capirebbe anche un bambino, perché è una finestra sulla quotidianità. Ma osservandone i copioni, mi rendo conto ogni volta della profondità dei significati. Rifletto sulla maestria di Eduardo, sulla sua capacità di costruire trame di una complessità incredibile, rendendole così semplici, da chiedermi ogni volta: ma come ha fatto?? C'è soltanto una spiegazione: la genialità.
Si scopre come un territorio ben preciso, Napoli, diviene, con le sue tradizioni e i suoi riti, l'assaggio, il campioncino come dire, di una situazione non solo di una città, non solo di una nazione, ma direi di CONDIZIONE DELL'UOMO.
"Napoli milionaria!" ne è un esempio. Il protagonista è un uomo qualsiasi partito per la guerra e rientrato con una valigia di ricordi freschi da condividere (quali la prigionia, le privazioni, le sofferenze fisiche, ma anche la solidarietà umana) che nessuno ha il tempo di ascoltare, di interessarsi ad una vicenda così grave come la guerra, né di provare sentimenti, perché tutti sono presi dalla frenesia dell'acquisto, di come accapparrarsi ulteriori beni consumistici. Non a caso quest'opera è stata da sempre applaudita nei teatri di tutto il mondo, da Atene a N.Y., da Mosca a Rio De Janeiro.
Aggiungo che è quanto mai attuale: la storia della famiglia Jovine è la storia di una famiglia durante la 2° guerra mondiale ma anche la storia di oggi, di un soldato ritornato dall'Afghanistan o dal Kosovo.
"Ricordo l'uso della parola "PASTORI" in "Natale in Casa Cupiello". Pastore è qualsiasi statuina del Presepe; mentre la parola statuina evoca un gesso, una ceramica, la staticità inanimata, pastore esaudisce nell'immaginario l'essenza vera del Presepe: il buono, la persona comune, viva, semplice, invitata a partecipare alla Nascita di Cristo. L'uso del dialetto è limitativo perché compreso solo da chi lo conosce, secondo te?"
D.R: anzi. e' ricognizione, capacità di conoscere e allargare il proprio modo di pensare. Succede quando si impara una diversa lingua i cui termini particolari alle volte non trovano corrispettivo tradotto. Un vocabolo imparato dal dialetto non è sempre traduzione ma ricchezza, acquisto di una NUOVA PAROLA.
E in questo, Napoli è davvero MILIONARIA! Certo per noi, intendo noi compagnia napoletana nel Veneto, è un ulteriore stimolo a usare con cura la nostra dote comunicativa: gestualità, espressività del volto, aiutano a far comprendere la nostra lingua, come Eduardo ci ha insegnato.
"Riti e tradizioni: vecchio da superare oppure da rispolverare?"
D:R: né l'uno né l'altro. Sono gioielli. Gioielli da custodire, indossare senza esagerazione; ricchezza, patrimonio, DNA del nostro vivere senza per questo limitarne l'evoluzione. Ti confesso che il teatro di Eduardo mi piace anche per questo e lo faccio mio, lo vivo anche al di fuori del palcoscenico. vivo quel sentimento, quell'orgoglio che non è affatto campanilismo, nelle tradizioni e nei riti della mia Terra. Sono napoletano e il rito del caffè, tanto per fare un esempio, ricorre spesso nelle commedie di Eduardo. Anche per me, come per ogni napoletano, il rito del caffè è importante. Saperlo preparare, offrirlo, diviene a volte una gara che simboleggia l'importanza attribuita all'ospite. Ecco, io quando ritorno a Napoli, rischio di prenderne una dozzina e più al giorno, perché ogni amico incontrato, ogni parente visitato, vuole offrire il meglio di se stesso; donarsi per così dire, nella bontà e nell'aroma avvolgente del caffè. E, come dice la canzone: SOLO A NAPOLI 'O SANNO FA'...
"'E le figure importanti dell'opera di De Filippo, quali sono secondo te?'
D:R: anche questo, vedi, è per me abbracciare e condividere a pieno il suo punto di vista. chi sono le persone importanti, quelle rappresentate? innanzi tutto il nucleo familiare. la famiglia costruita, spezzata, ricostruita; è il nido che si abbandona crescendo ma che puntualmente si rivisita, si aggiusta, sistemandone i ramoscelli, tenendone salda l'architettura all'albero sociale, alle bufere che sconvolgono con vicende dolorose. poi la donna. la donna è nella visione di Eduardo, di grandi capacità intellettive, una figura chiave in grado di risolvere le questioni più drammatiche, pur nella condizione di semplicità. ne è un esempio 'Filumena Marturano'. Filumena è la donna dignitosa. non sa scrivere, non sa leggere, ma è in grado di comprendere le leggi dell'Uomo e di difendere il diritto alla vita, di non nascondere quello che è stata: una prostituta.
Devo dire, mi commuovo in ogni rappresentazione, quando la mia attrice Serena Esposito interpreta il monologo di Filumena, nel racconto della sua vita giovanile nel vascio (ndr: bassi, case popolari di Napoli) e di come ne emerge una verità indossata non con umiliazione ma con dignità.
I personaggi importanti sono senza dubbio le persone comuni, noi stessi.'
"Il vero succo del discorso, in sintesi è: A COSA SERVE IL TEATRO?'
D.R: mhm... ci sono innumerevoli vantaggi. figurati, mio padre lo usò a scopo terapeutico nell'istituto psichiatrico in cui lavorava. Da infermiere si specializzò in questo uso della comunicazione ottenendo risultati sorprendenti. I malati mentali si impegnavano nella recitazione dei copioni di mio padre e così facendo imparavano di nuovo a vivere, a poco a poco. la rieducazione attraverso il Teatro è fantastica. Ho visto persone parlare e comunicare dopo anni di chiusura e silenzio! io non pensavo di avere questa dote, nè mai avrei immaginato il Teatro fra i miei interessi. invece un giorno qualcuno mi disse: uè ma tuo padre scrive commedie! perchè non ne facciamo una e raccogliamo i soldi per aiutare De Gennaro? era un amico con gravi problemi di salute. e così, in pochi amici napoletani emigrati al Nord ...scusa mi viene in mente questa parola...EMIGRANTE?? tanto per ricordare un altro grande autore napoletano, Troisi... e così ti dicevo, ci trovammo ad interpretare anche i ruoli femminili, perchè non conoscevamo nessuna ragazza in grado di parlare e interpretare una commedia napoletana. il risultato fu impensabile. tutti bravissimi. Allora mi sono reso conto che il Teatro è un'arte; l'arte si impara, è vero, ma prima di tutto bisogna averla nel corredo genetico della razza, e i napoletani ce l'hanno! E pure io l'avevo!
Il teatro di Eduardo aggiungo, è l'impegno verso il futuro, verso il pubblico, l'invito a riflettere sui fenomeni veri, reali ed eterni della vita, posto attraverso l'ironia. Strappando allo spettatore quel sorriso, lui non se ne accorgerà, ma funzionerà da fissatore per così dire, di concetti profondi. Gli suggerirà che la questione magari vissuta proprio in prima persona, è questione di tutti. raggiungere il cuore dei valori attraverso le battute, le coincidenze comiche, ci fa arrivare anche la drammaticità di certi eventi. Faccio teatro da oltre 15 anni e la nostra compagnia è stata toccata dagli stessi eventi: chi ha messo al mondo creature, chi ci ha lasciati per sempre (e voglio ricordare la bravissima Pina Cangiano, la nostra Concetta in Non ti pago e in Natale in casa Cupiello, spentasi quest'anno), chi è partito proprio per i luoghi di guerra. e abbiamo condiviso tutto ciò... ci siamo ritrovati a dover riflettere, ad apprezzare le cose vere e non quelle inutili, come diceva Eduardo, non so, come i gioielli, o un auto nuova, che procurano solo pensieri inutili. Col teatro ci si spoglia delle inutilità. Lo consiglierei a tutti. Affacciarsi sul mondo del Teatro è stata nella mia vita come una spinta di idrante: approfondire, studiare, ricercare, curiosare dal mondo antico a quello contemporaneo, cosa si è voluto esprimere, la necessità di raccontare e con quali tecniche. Non so, ti faccio un esempio di quanto sia importante il Teatro, come termometro di una situazione sociale o politica. Nel libro di Pamuk 'Neve' ambientato nella Turchia di Ataturk, una compagnia di teatro mette in scena una storia degli anni venti in cui una donna brucia il chador in pubblico, simbolo del cambiamento verso la laicità di uno Stato. E ancora in Memorie di un Vietcong scritto da un vietnamita del Sud, fondatore del Fronte di Liberazione, si parla di Teatro all'interno delle riunioni segrete tenute in seno all'organizzazione.
'Vorrei concludere con la figura di Pulcinella: superato o attuale?'
D.R: attuale, attualissimo direi. Pulcinella è la maschera. Eduardo sapeva plasmare il suo volto sul ritratto di Pulcinella. Pulcinella è il POPOLO. Costantemente presente. Pulcinella è povero sempre a pensare come rimediare qualcosa. Ma è anche ricco. Di sentimenti, di emozioni, di invenzioni, di azioni e anche di errori umani ammessi. Pulcinella strappa sorrisi e lacrime, drammaticità e leggerezza: così è la nostra vita.
Napoli è davvero ricca, davvero milionaria.
Intervista a cura di Francesca Cenerelli.
Si ringrazia la Compagnia Teatrale ' 'A fenesta' in particolare il regista Domenico Randolo.
link: www.afenesta.net - commedie attualemente in cartellone: Napoli milionaria! - Filumena Marturano - Non ti pago - Natale in casa Cupiello - Miseria e Nobiltà
28 novembre 2008